Una vita, l’opera prima di Svevo, esce nel 1892. A quest’epoca, l’autore triestino ha scritto qualcosa per il teatro, alcuni articoli, un saggio incompiuto (Del sentimento in arte) e un paio di racconti (Una lotta, L’assassinio di via Belpoggio): tutte prove non sistematiche, spesso non concluse o interrotte. Stupisce dunque vedere nel romanzo tanta sicurezza di costruzione e di scrittura, tanta abilità nel governare personaggi, intreccio, toni; stupisce, anche, l’originalità di un romanzo che, se tecnicamente rientra ancora nel naturalismo, riesce in parte a staccarsene grazie alla struttura e ai personaggi: Alfonso Nitti, carico di contraddizioni, illusioni e sogni irrealizzati, è il primo antieroe novecentesco, condannato a perdere fin dal principio, fin da quando si illude di poter vivere secondo i principi di Schopenhauer, filosofo particolarmente caro a Svevo e assolutamente estraneo, invece, alla tradizione del romanzo naturalista. Ricchissimi gli apparati che accompagnano questa edizione: un’introduzione a tutto Svevo che è lo scritto piú circostanziato oggi disponibile su Una vita e che ricostruisce l’ambiente culturale e intellettuale in cui si formò l’autore; una cronologia della vita e dell’opera sveviana; un quadro sinottico della critica, una guida ragionata ai testi esegetici fondamentali; un’antologia della critica su Una vita che comprende quattro brani, firmati rispettivamente da De Benedetti, Mazzacurati, De Castris, Lavagetto; e un apparato di note molto vasto che, oltre a fornire le notizie storico-letterarie, suggerisce alcune coordinate interpretative e approfondisce alcuni aspetti dell’opera sveviana – come certi fantasmi autobiografici (il giovane ebreo Ettore Schmitz, la sua famiglia) che ancora aleggiano nel primo romanzo.