Pächt non sarebbe stato un rappresentante molto consapevole della scuola di Vienna, se nella sua concezione non avesse giocato un ruolo fondamentale la questione sulla posizione storico-evolutiva dell’arte flémalliana e eyckiana. Il presente testo non è infatti una monografia, ma un’inchiesta storico- stilistica sulla nascita della pittura negli antichi Paesi Bassi. Per Pächt si tratta di “sforzarsi di vedere e di comprendere un processo rivoluzionario di nascita come sviluppo organico” […]; si basa sulla descrizione e sull’analisi dell’opera, e poi solo allora tende i fili che la collegano alla tradizione. […] Naturalmente, Pächt garantí per le posizioni che ritenne corrette, ma si guardò altrettanto dalle conclusioni affrettate: “Per noi, qui conta soltanto che si metta in evidenza un ordine stilistico interno, e perciò anche cronologico, del materiale eyckiano: questo ci deve permettere di distinguere tra fatto e ipotesi, e di essere consapevoli delle questioni ancora aperte che non otterrebbero risposta attraverso una conoscenza intorno alle etichette esterne, Hubert, Jan o XY”. Probabilmente la discussione sull’ “enigma dell’arte dei fratelli Van Eyck” non verrà mai messa a tacere; nemmeno Pächt l’ha risolta. Ma egli ci ha insegnato a vedere le opere in modo corretto e a comprendere meglio la questione»